L’esibizione di Achille Lauro sul palco di Sanremo, con cui il cantante ha riproposto “il gesto della spogliazione di san Francesco”, non ha mancato di far discutere, ad Assisi e non solo. Di seguito l’intervento di Padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento.
“La prima considerazione – dice padre Enzo – è di carattere generale: il festival esprime una ricerca di senso e di significato che non può essere messa tra parentesi. La pastorale stessa della Chiesa è chiamata a tenerne conto. Non di rado infatti vescovi e sacerdoti durante le celebrazioni propongono i testi della più popolare kermesse italiana. Sovvengono alcune affermazioni che esprimono anche ‘vette’ di misticismo con Matteo Faustini in Nel bene e nel male: «perché dentro quel rancore si può ancora perdonare». O come in 8 Marzo di Tecla: «Ci vuole forza e coraggio, lo sto imparando vivendo ogni giorno questa vita; comunque dal dolore si può trarre una lezione; e la violenza non ha giustificazione». Anche Levante «Ti prego insisto, fatti il segno della croce e poi rinuncia a Mefisto siamo chiese aperte a tarda sera, siamo noi; siamo l’amen di una preghiera, siamo noi». La seconda considerazione – continua Padre Enzo Fortunato – è quella parola “pace” che apre di fatto il Festival. Fiorello la ripete per ben 11 volte: «In questo mondo c’è bisogno di pace, ma pace, tanta pace. Benvenuti fratelli…C’è bisogno di pace, c’è bisogno di pace. Che bello essere qua! Saluto anche gli amici della galleria: scambiatevi un segno di pace! Ci voleva pace […]». Ad indicare direttamente o indirettamente che il nostro Bel Paese sta superando i limiti di guardia nella litigiosità, nell’egoismo…”.
Infine, sul gesto e sulle parole di Achille Lauro, Padre Enzo è chiaro: “Su questo – dice Padre Enzo Fortunato – vorrei rispettare la sincerità dell’intenzione. Achille Lauro stesso lo scrive sui suoi profili social: ‘La celebre scena attribuita a Giotto in una delle storie di San Francesco della basilica superiore di Assisi, il momento più rivoluzionario della sua storia in cui il Santo si è spogliato dei propri abiti e di ogni bene materiale per votare la sua vita alla religione e alla solidarietà». Rimane discutibile il modo e forse il luogo. Non possiamo ridurre quella scelta di radicale nudità e affidamento a Dio che si rivela come padre di ogni uomo a delle paillettes color carne. Forse per questa scena sarebbe stato preferibile il titolo: I Care e altri abiti. Dove è necessaria una coerenza tra i contenuti del testo, le intenzioni e i gesti. La differenza è proprio qui. In fin dei conti l- dice Padre Enzo – a prima serata del festival più popolare e più visto d’Italia ci consegna tre ‘verità’: abbiamo bisogno di senso e significato; abbiamo bisogno di pace; abbiamo bisogno di solidarietà. E se oltre la musica concorrono i fatti tutto è più semplice o se volete più francescano”.
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