Il caso di Assisi sulla presunta alienazione parentale riportato ieri da Umbria24.it porta all’intervento del capogruppo del Partito democratico, Tommaso Bori esprime “solidarietà e vicinanza alla giovane madre di Assisi a cui starebbe per essere sottratto il proprio figlio a seguito di una sentenza basata sull’alienazione parentale, principio non riconosciuto dalla comunità medico scientifica”, ed in merito annuncia la presentazione di una mozione che impegni la Giunta regionale a “promuovere protocolli di intesa con le Istituzioni competenti in materia ed ogni iniziativa utile a scongiurare il ripetersi di casi come questi”.
L’appello nasce dopo una storia pubblicata su Umbria24 che racconta di un decreto del tribunale dei Minori che intima alla mamma di Assisi di consegnare il proprio bambino a una casa famiglia. La donna, che ha partorito quando aveva solo 16 anni, ha raccontato: “Ho ricevuto botte, tante botte, anche davanti agli occhi di mio figlio. Dovevo lavorare e non ricevere compensi, nell’azienda della famiglia di mio marito, ma questo non era il peggio. Il peggio erano le violenze fisiche. E anche quelle verbali e quelle a cui ha assistito mio figlio”. Il bimbo ha raccontato di avere visto ammazzare il cane con il fucile, davanti ai suoi occhi, dal padre, per il semplice motivo che abbaiava. La donna, che nel frattempo si è rifatta una vita e ha un altro figlio, per il tribunale “Sarebbe una mamma alienante”, ossia una mamma che con la sua “influenza” alienerebbe il figlio dal padre. Secondo il legale della donna, “Il bambino ogni volta che doveva incontrare il padre aveva comportamenti di grande sofferenza che la mamma, provava a fargli superare accompagnandolo, come era nel suo dovere di fare. Il problema era quando il bimbo veniva consegnato”.
All’alienazione parentale, dice ancora Umbria24.it, si sarebbe arrivati “Da una serie di relazioni compiute da assistenti sociali e psicologi. Contestate nel merito, dal legale di Flavia, per aspetti tecnici da un lato, e persino contraddittori. Tant’è che i difensori di Flavia hanno chiesto al tribunale una Ctu, ovvero una perizia, alla presenza di tutti i difensori di accusa e difesa e dei rispettivi consulenti, che, però, il tribunale non ha mai accordato. Con la relazione dell’assistente sociale, contestata su più fronti, il tribunale dei Minori di Perugia, ha ritenuto tuttavia di emettere un decreto provvisorio con il quale intima alla mamma di consegnare il bambino”. Da qui la mobilitazione del consigliere Bori.
“La Giustizia si fermi e si interroghi sul da farsi – scrive Bori in una nota -, prima che venga consumato questo grave abuso ai danni di un minore e della sua famiglia, sulla base di presupposti non scientifici che si rifanno ad una teoria priva di fondamento che si sta rivelando solo un ulteriore strumento di violenza contro le madri e prevaricazione delle donne. La giovane madre in questione – spiega -, che ha trovato la forza e il coraggio di denunciare le violenze subite dall’ex partner, è l’ennesima vittima della PAS (Sindrome di Alienazione Parentale), teoria che viene troppo spesso utilizzata durante i processi di separazione in cui sono stati presenti anche abusi sulla donna e sui figli”. “Allo stato – osserva Bori -, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non riconosce la PAS come sindrome o malattia: nella più recente edizione (DSM-5) non viene nemmeno menzionata, in ragione della sua ascientificità a causa della mancanza di dati a sostegno”.
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