Ci sarebbe un’imprudenza del ciclista dietro al tragico incidente mortale sulla ciclabile di Francesco Fiorucci, il 63enne bastiolo morto dopo una caduta avvenuta lo scorso 27 ottobre mentre pedalava sulla ciclabile Spoleto-Assisi. La Procura di Perugia ha indagato quattro persone -tre rappresentanti legali della ditta che stava eseguendo gli interventi e il responsabile dei lavori – ma una perizia pubblicata dal Messaggero Umbria di ieri spiega che c’è una perizia della Procura, ricostruita anche grazie a un bike computer con GPS pensato per i ciclisti professionisti, per cui l’incidente sulla pista ciclabile sarebbe avvenuto dopo che il 63enne non avrebbe rispettato i segnali di “stop, dare precedenza”. Il tutto però non dimenticando che la pista, peraltro fruita da cittadini e ciclisti, non era in alcun modo presegnalata con la cartellonistica temporanea di cantiere.
“Probabilmente anche a causa di tale comportamento – si legge sul Messaggero Umbria – il ciclista non si avvedeva che all’imbocco della ciclabile a valle della carreggiata era stata collocata impropriamente una recinzione di cantiere a maglia metallica posta trasversalmente all’asse della carreggiata e tale da ostruirne completamente la larghezza. La recinzione, oltre ad essere sprovvista di qualsivoglia elemento che la rendesse chiaramente visibile per il traffico veicolare della ciclabile, non era stata in alcun modo presegnalata con l’indispensabile cartellonistica temporanea di cantiere”. Anche per questo, dunque, “il ciclista impattava dunque a piena velocità contro la barriera metallica, rovinando al suolo”.
Il mancato stop è “una chiara violazione” dell’articolo del Codice della strada riguardante la precedenza, con Fiorucci che “ha posto in essere un attraversamento di fatto pericoloso che richiese probabilmente una contestuale valutazione della presenza di veicoli provenienti da destra e sinistra cui concedere precedenza: ciò – conclude la perizia sull’incidente mortale sulla ciclabile – distrasse l’attenzione del ciclista dalla strada davanti a sé, facendogli mancare la percezione del pericolo costituito dalla recinzione posta trasversalmente alla pista ciclabile che si accingeva a imboccare”. (Continua dopo la foto)
Nella perizia inviata ad Assisi News si fa però anche presente che “per quanto attiene la responsabilità degli indagati intervenuti a vario titolo nella realizzazione dell’itinerario ciclabile teatro dell’incidente mortale sulla ciclabile, considerata la complessità della trattazione, non si può rimandare alle pagine precedenti della perizia per ogni opportunità valutazione dei singoli profili”. Si ritiene però “doveroso ribadire un concetto fondamentale per l’intera trattazione della vicenda allo scopo di fugare eventuali ambiguità 1) è noto che l’itinerario ciclabile Teatro del sinistro fosse all’epoca dei fatti ancora un cantiere stradale in fase di ultimazione effettiva ancora cantiere e come tale non contrassegnato all’ente proprietario del destinatario finale dell’opera; 2) il percorso era da tempo liberamente fruibile per gli utenti della strada in nessun modo informati del fatto che la pista non fosse ancora completata; 3) il percorso ciclabile non presentava alcun tipo di interdizione all’ingresso dei ciclisti, naturalmente così indotti a ritenere che lo stesso doverosamente percorribile. Per quanto sopra, la vittima non poteva sapere che l’area di cantiere non fosse di fatto fruibile, così come le ditte esecutrici e tecnici della committenza non potevano ignorare il fatto che la pista ciclabile fosse da tempo utilizzata liberamente dall’utenza stradale. Per questa ragione non poteva non rilevare, e dunque valutare, il pericolo venutosi a creare, il pericolo venutosi a costituire con la ripresa dei lavori e la contestuale interruzione della continuità dell’itinerario ciclabile”.
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