Chiuse le indagini sulla morte di Samuele De Paoli, giovane 22enne bastiolo deceduto durante una colluttazione con una transessuale che sarebbe scaturita in conseguenza alla prestazione sessuale concordata tra i due. La morte del ragazzo risale al 28 aprile 2021 e ora alla transessuale indagata per il delitto, gli inquirenti contestano l’omissione di soccorso, mentre l’ipotesi di omicidio, doloso e colposo, di fatto è decaduta. Di seguito la nota della procura.
A distanza di poco più di un anno dall’evento, la Procura della Repubblica di Perugia ha concluso le indagini concernenti la morte di Samuele De Paoli, rinvenuto cadavere il 28 aprile 2021 in un fosso ai margini di via Filippo Gualtieri, in zona Sant’Andrea delle Fratte di Perugia. Le investigazioni, effettuate anche con il supporto della Squadra mobile di Perugia, hanno consentito di ricostruire quanto accaduto grazie al sopralluogo effettuato nell’immediatezza sul luogo in cui venne trovato il cadavere, anche con la presenza del P.M., all’escussione di tutti i soggetti potenzialmente a conoscenza del fatto e all’interrogatorio più volte effettuato dell’indagato. Soprattutto, però, le determinazioni dell’ufficio si sono fondate sull’esito dell’esame autoptico e sui successivi approfondimenti richiesti ai consulenti medico-legali, questi ultimi svolti anche attraverso un contraddittorio anticipato, aperto ai contributi dei difensori dell’indagato e dei familiari del giovane deceduto, quali parte offese, e dei loro eventuali consulenti tecnici di parte.
Pur nella consapevolezza della tragicità dell’evento e delle più volte espresse condizioni di grave sofferenza per i congiunti della vittima, l’Ufficio ritiene che, alla luce del quadro probatorio emerso, non possa essere configurata l’originaria ipotizzata fattispecie di omicidio preterintenzionale ma, invece, quella meno grave di omissione di soccorso, per la quale si è contestualmente notificato all’indagato un avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis c.p.p.. In particolare, le conclusioni raggiunte dall’Ufficio – già comunicate alle parti, e che saranno sottoposte al vaglio del Giudice delle indagini preliminari – supportate dai richiamati accertamenti medico-legali hanno consentito di affermare come la morte del giovane sia conseguita ad arresto cardiaco per stimolazione vagale. La lesione, avente l’effetto letale menzionato, è apparsa correlata, secondo la ricostruzione dei consulenti, ad una pressione portata con il dito pollice della mano dell’indagato in corrispondenza della biforcazione paracarotidea collocata nella parte sottostante le mandibole.
L’elaborato dei medici legali ha, in proposito, rimarcato come siffatta manovra – prevista anche in medicina a fini terapeutici per il rallentamento del battito cardiaco in soggetti affetti da patologie tachicardiche – può determinare il decesso del soggetto che la subisca in occasione di una colluttazione o anche di un gesto del tutto occasionale ma che, per motivi contingenti imprevedibili, venga ad incidere sulla funzione celebrale, determinante il rallentamento e l’arresto di quella cardiaca. Alla luce di tale valutazione dei consulenti, in alcun modo contestata dalle parti, l’Ufficio ha ricostruito ciò che è avvenuto fra la vittima e l’indagato, un cittadino brasiliano, regolarmente residente in Italia.
In particolare, l’evento letale sarebbe stato stato l’epilogo di una colluttazione fra i due, nel corso della quale l’attuale indagato ha riportato varie lesioni, inequivocabilmente emerse dagli esami cui è stato sottoposto nella medesima serata. In quello specifico frangente, il predetto avrebbe effettuato la pressione sul collo del giovane determinando il rapido rallentamento della funzione cardiaca con il conseguente decesso. In ragione, pertanto, della peculiarità della manovra dimostratasi letale, i cui effetti e la cui esecuzione, secondo quanto affermato dai medici legali, non appaiono alla portata di conoscenza ed esecuzione da parte di soggetti estranei all’ambito medico e soprattutto nell’ambito di una colluttazione ed in assenza evidente di altri segni di aggressione sul corpo della vittima, da parte dell’indagato, l’Ufficio ha ritenuto che il cittadino brasiliano abbia agito solo a fini difensivi e senza soprattutto poter prevedere l’effetto letale del proprio comportamento.
Ciò ha comportato la necessaria configurazione della causa di giustificazione della legittima difesa, non potendosi, inoltre, in relazione sempre alla peculiarità ed unicità del gesto dell’indagato, nemmeno ipotizzare un eccesso colposo nell’utilizzo della scriminante ipotizzata. Per contro, in ragione di quanto altresì emerso, l’indagato avendo cognizione che la vittima si trovava in difficoltà ed essendo cessata ogni condotta aggressiva da parte della stessa, aveva l’obbligo giuridico di sollecitare i soccorsi, indipendentemente dalla circostanza dell’inidoneità degli stessi a determinare un diverso esito; per questa ragione si è ipotizzata la già richiamata ipotesi di reato di cui all’art. 593 c.p..
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