Sinistra Italiana, con Moreno Sdringola (coordinatore Circolo Valle Umbra Nord di Sinistra Italiana) e Simona Fabbrizzi ed Elisabetta Piccolotti (rispettivamente segretaria provinciale e regionale Umbria di Sinistra Italiana) intervengono sulla crisi aziendale della Colussi S.p.A di Petrignano di Assisi.
“Siamo di fronte all’ennesimo gigantesco paradosso che ormai caratterizza anche in Umbria l’operato della gran parte dell’industrie nel settore alimentare e non solo: la proprietà da una parte annuncia possibili, ingenti, investimenti ma allo stesso tempo chiede pesanti licenziamenti”, attaccano i tre esponenti di Sinistra Italiana.
Nella nota viene ricordato il recente incontro tra Rsu, sindacati e proprietà “conclusosi al momento con un nulla di fatto tra le parti e con un ennesimo rinvio a settembre. La proposta della Colussi – ricordano Sdringola, Fabbrizzi e Piccolotti – prevede infatti un piano di interventi triennale con investimenti complessivi per circa 80 milioni di euro, nello specifico 50 sul marketing e sul riposizionamento dei soli marchi Colussi e Misura e altri 30 milioni destinati al miglioramento e potenziamento impiantistico e di stoccaggio, nonché alla formazione e riconversione delle professionalità all’interno dell’organico di Petrignano. Costo dell’intera operazione praticamente tutto a carico dei lavoratori: 50-60 esuberi quando scadrà il contratto di solidarietà a gennaio 2018 e un ulteriore taglio di manodopera previsto per un totale di 95 unità”.
Per Sinistra Italiana, “è del tutto evidente che questa proposta di piano industriale è inaccettabile: per l’impatto occupazionale e sociale che avrebbe nei territori interessati, soprattutto nei comuni di Assisi e Bastia Umbra e perché, nella sostanza, nulla di preciso e duraturo fa intravedere per il futuro anche prossimo dello stabilimento Colussi di Petrignano. Alcune riflessioni su questa vicenda sono obbligatorie”.
“Da una parte si dice di voler seriamente investire in questa realtà ma allo stesso tempo si delocalizza una parte ingente della produzione per conto terzi in altri siti produttivi. Senza prevedere alcuna progettazione ed introduzione di nuovi, ulteriori prodotti. Con il risultato che nel 2016 fatturato e utili dell’azienda hanno ricominciato a crescere rispetto agli anni precedenti ma sono stati i volumi a calare. E quindi la possibilita di mantenere o incrementare una occupazione stabile e sicura. È anche evidente – aggiunge Sinistra Italiana – che un piano di investimenti triennale su marketing e riposizionamento di alcun marchi non necessariamente produce in maniera automatica risultati immediati, di brevissimo periodo. Una fase di transizione, all’epoca dell’industria 4.0 è sicuramente complessa. Ma il fattore “tempo” non può essere scaricato sui lavoratori minando in continuazione sicurezze, tutele e diritti.
Sinistra Italiana, come già fatto pochi giorni fa, a proposito di un’altra crisi aziendale umbra del settore alimentare, quella della Nestlè-Perugina, ribadisce che “È necessario che il Governo agisca per far sì che vi sia un ripensamento: non è pensabile che un’azienda che ha già ricevuto finanziamenti pubblici per i suoi investimenti metta in discussione altri 100 posti di lavoro anche a Petrignano di Assisi. Perché se da un lato siamo ben contenti che ci siano aiuti alle industrie che possono creare nuova e buona occupazione – è scritto ancora nella nota – dall’altro è chiaro che anche l’impegno della Colussi deve essere quello di tutelare ed accrescere le opportunità di lavoro in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale. È una importante questione di opportunità e responsabilità: non è accettabile che chi ha il privilegio di poter usare fondi pubblici per far crescere il proprio business non si preoccupi delle conseguenze sociali delle proprie scelte. Per questo motivo chiediamo che anche il Governo oltre che la Regione dell’Umbria facciano valere queste ragioni nel percorso di monitoraggio del piano industriale che verrà discusso tra le parti il prossimo settembre. Basta subalternità – conclude Sinistra Italiana – in particolare le grandi aziende non possono fare il bello e cattivo tempo e vanno individuati al più presto precisi strumenti normativi per impedirlo”.
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