Il Calendimaggio più aperto non piace all’ex assessore Leonardo Paoletti, che pur plaudendo convintamente al finanziamento maggiorato della Festa – “con la speranza finisca nelle casse delle due parti, uniche vere protagoniste della festa di primavera” – si dice contrario alle manifestazioni collaterali, perché “sembra esattamente la strada giusta per sminuire la festa. Implicitamente si dichiara – scrive Paoletti – che la festa di Calendimaggio da sola non si regge e che ha bisogno del maestro di sostegno. Forse a Siena durante il Palio fanno così? Ed a Gubbio hanno aggiunto manifestazioni a supporto dei Ceri? A me non sembra. La poesia del Calendimaggio, l’atmosfera che in quei giorni la città regala, il profumo dei colori che si percepisce, la luce delle fiaccole, è molto altro, non credo abbiano bisogno di aggiunte stucchevoli che nulla hanno a che vedere con la nostra festa”.
Per Paoletti, “Non può e non deve essere il Calendimaggio il volano e il veicolo per attrarre turismo, si pensi ad altro si facciano eventi importanti, si studi una strategia, si progetti un rilancio del nostro territorio credibile, investendo in una progettazione pluriennale capace veramente di far crescere qualitativamente la proposta turistica. Se si invitano i turisti a vedere il Calendimaggio e si mostrano gli eventi “aggiuntivi” tornando a casa probabilmente direbbero che il Calendimaggio è una festa che non vale la pena vedere. I padri fondatori (Biffis, Caldari, Sergiacomi) e coloro che nel tempo l’hanno custodita non credo proprio apprezzerebbero. L’unicità del calendimaggio è racchiusa proprio nella sua inaccessibilità. Uno scrigno magico che si può godere solo con un costume indosso, respirando l’odore della cera che brucia durante la notte delle scene di parte. Non sono certo solo mie affermazioni, ma giudizi espressi dei tanti illustri ospiti venuti a giudicare il migliore nella competizione di primavera. Si pensi a realizzare un imbandieramento degno della festa e della città, si tengano aperti bar e ristoranti, e ovviamente le taverne, sino a tarda notte, si illumini in quei giorni la città, tutta la città, solo con la luce delle fiaccole, vengano coinvolti i commercianti dei tanti negozi di Assisi che potrebbero servire i turisti in costume medioevale, e tanto altro, senza bisogno di aggiungere “orpelli” non propri della nostra lunga tradizione. Le parti sono indubbiamente una importante risorsa per la città e per incrementare il turismo di Assisi, ma certamente fuori da quei giorni che hanno per noi Assisani un sapore di sacralità. Attrarre turismo in Assisi è un compito che spetta anche all’Amministrazione Comunale, è certamente necessario, vista la recente crisi (economica e sismica), ma si faccia tanto e di più senza sfruttare una splendida festa che sarebbe inevitabilmente snaturata, e soprattutto svenduta. Il Calendimaggio – conclude Paoletti – non ha bisogno di diventare una fiera, un bazar, una sagra del cioccolato. Meccoli, Molini, Antonello, Marcello, ci hanno insegnato un Calendimaggio fatto di poesia di passione di ardore di goliardia, un calendimaggio inebriato, certo dal vino, ma anche da un entusiasmo che viene dai nostri cuori educati da sempre alla festa di primavera”.
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