Con una cerimonia solenne, che si terrà giovedì 14 marzo alle ore 11,30 nell’abbazia di San Pietro di Assisi, si chiuderà la fase diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione del venerabile don Antonio Pennacchi.
“Questo sacerdote, vissuto tra ‘700 e ‘800 – dice il vescovo monsignor Domenico Sorrentino – è una perla del nostro clero diocesano. Fu un prete esemplare, ricco di preghiera e di carità. Fu dotato di doni singolari, anche traumaturgici. Tante le guarigioni compiute per sua intercessione. La sua tomba è ben visibile all’ingresso della chiesa di san Pietro, dove egli svolse il suo ministero sacerdotale come cappellano. Sulla lapide si legge un’espressione che ben sintetizza la sua vita: «Apostolo di Assisi». E apostolo lo fu davvero, vivendo di Dio e seminando il bene a piene mani. Quello che tutti ripetevano il giorno della sua morte riecheggia ancora oggi: «È morto un santo!». Ci aiuti – conclude il vescovo – a guarire dalla nostra lentezza nel rinnovare la nostra vita personale e comunitaria, che è anche l’obiettivo della visita pastorale che stiamo vivendo”.
La cerimonia per il venerabile don Antonio Pennacchi, alla quale monsignor Sorrentino invita tutta la comunità a partecipare, si aprirà con la celebrazione dell’ora media e l’intervento del vescovo. Seguiranno la firma e il sigillo degli atti da inviare alla Congregazione dei Santi. Il venerabile don Antonio Pennacchi era chiamato il «prete dell’Angelus Domini». Fatte le sue ore di scuola, lo si vedeva per le vie di Assisi a richiamare tutti alla preghiera. Si circondava di ragazzi. Non esitava ad entrare nei locali pubblici invitando alla lode del Signore. Predicava in Assisi e fuori, parlando con ardore. Era insieme il prete della carità. Si faceva in quattro per poveri e ammalati, condividendo quel poco che la sua scelta di povertà gli consentiva di possedere.
La sua straordinaria unione col Signore ebbe espressioni singolari. C’è tra i testimoni chi lo ha visto alzarsi da terra, rapito in estasi, durante la santa messa e chi gli attribuisce il dono della “bilocazione”: accadeva, infatti, che al momento dell’Angelus lo si incontrasse contemporaneamente in diversi luoghi della città. Le guarigioni attribuite alla sua intercessione, in vita e dopo morte, non si contano.
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