(Flavia Pagliochini) Assisinews racconta ai suoi lettori la storia di Assisi medaglia d’oro al merito civile. “Con spirito cristiano ed encomiabile virtù civile – si legge nel riconoscimento consegnato nel 2004 dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per ricordare il lavoro della Città di Assisi nel salvare gli ebrei e gli sfollati nel periodo più tragico della seconda guerra mondiale – durante l’ultimo conflitto mondiale, Assisi si distinse per particolari iniziative e atti umanitari che evitarono la distruzione di un inestimabile patrimonio artistico e consentirono la salvezza di numerosi perseguitati politici, ebrei, profughi e sfollati, nonché la cura di migliaia di feriti di ogni nazionalità, ricoverati nelle strutture sanitarie cittadine. Splendido esempio di amore per il prossimo e di solidarietà tra i popoli”. Frati, monache e laici si trovarono ad assistere ad almeno 4.000 profughi arrivati in città e salvarono decine, se non centinaia, di ebrei dall’arresto e dalla deportazione e sono in totale 7 – su 11 umbri – i Giusti tra le nazioni (i non-ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita e senza interesse personale per salvare la vita degli ebrei dal genocidio nazista della Shoah) che operarono ad Assisi.
La storia che ha reso Assisi medaglia d’oro al merito civile è ripercorsa nel Museo della Memoria – Assisi 1943-1944, creato dalla giornalista Marina Rosati e ospitato al Vescovado di Assisi (Piazza del Vescovado, 3). A collaborare per la salvezza di centinaia di persone, sacerdoti (il vescovo Giuseppe Placido Nicolini coadiuvato dal clero diocesano guidato dal suo braccio destro, il canonico don Aldo Brunacci, la superiora della Clarisse di San Quirico suor Giuseppina Biviglia, quella delle suore Stimmatine suor Ermella Brandi, il frate minore padre Rufino Niccacci, padre guardiano del convento di San Damiano, il Sacro Convento di Assisi, che nascose gli ebrei nei sotterranei e sul campanile di San Francesco), ma anche laici.
Tra coloro che hanno reso Assisi medaglia d’oro al merito civile, i tipografi Luigi e Trento Brizi, padre e figlio che nel loro negozio a piazza Santa Chiara stamparono centinaia di carte d’identità e tessere annonarie falsificate. Documenti che permisero di salvare decine di famiglie nascoste nei conventi (da quelli delle suore di clausura alla Basilica di San Francesco) e salvate anche grazie alla complicità del podestà Arnaldo Fortini, del colonnello medico tedesco Valentin Müller e di due ufficiali– il colonnello Paolo Gay e il tenente Antonio Podda; il tutto con l’aiuto della curia di Firenze, guidata dal cardinale Elia Dalla Costa, che inviava ad Assisi istruzioni, indirizzi e mezzi di finanziamento e d’intesa con Gino Bartali che, allenandosi in sella alla sua bicicletta, macinava chilometri su chilometri per trasportare – nascosti nel telaio – i documenti falsificati da Assisi a Firenze.
Ad Assisi medaglia d’oro al merito civile e a Gino Bartali ha reso omaggio anche il Giro d’Italia 2018, partito da Israele e passato per la città serafica. Il nome del ciclista, morto nel 2000 a 86 anni, è scolpito nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme. Il campione di Ponte a Ema, che aveva già vinto il Giro e il Tour prima della seconda guerra mondiale, accettò subito la proposta del cardinale fiorentino, a sua volta ricordato nel Giardino dei Giusti, di far parte di una rete segreta per salvare gli ebrei perché, trovato chi avrebbe stampato i documenti falsi, c’era bisogno di un messaggero che li recapitasse dove c’era necessità di evitare una o più deportazioni. “Non voglio essere ricordato come un eroe. Andare in bicicletta era il mio mestiere e lo dovevo fare: l’ho messo a disposizione di chi in quel momento aveva bisogno”, la risposta dei ciclista a chi gli chiedeva di parlare della sua opera negli anni della seconda guerra mondiale.
Foto © Mauro Berti
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