Dall’autopsia arrivano i primi, parziali riscontri sulla morte di Filippo Limini. L’investimento resta la causa di morte più probabile, anche se serviranno altri esami per stabilire le esatte cause della morte. L’autopsia è durata circa 4 ore, e la cautela è massima: prelevati dei campioni per gli esami istologici, per capire quali lesioni abbiano provocato la morte e quali siano state inferte a morte già sopraggiunta. All’esame hanno partecipato anche i periti di parte, della famiglia Limini e dei tre giovani ai domiciliari. I periti hanno due mesi di tempo, sessanta giorni, per chiarire esattamente le cause del decesso del giovane operaio spoletino, che secondo gli amici stava tentando di rialzarsi quando è stato investito dall’auto guidata dal diciannovenne. Anche dalle loro relazioni potrebbe dipendere un cambiamento delle accuse ipotizzate a carico dei tre.
Limini, 25 anni, è stato ucciso nella notte di Ferragosto 2020, dopo che una rissa scoppiata per futili motivi in uno noto locale bastiolo – uno dei due gruppi aveva chiesto all’altro di fare spazio per passare, ed è scattata la rissa – è sfociata, nell’adiacente parcheggio del palazzetto dello sport, in una tragedia. Oltre all’autopsia, continuano intanto le indagini, non solo su telefoni cellulari e hard-disk, ma anche per capire chi abbia sferrato un calcio alla vittima. Sequestrati per esami anche i vestiti degli indagati.
I tre indagati per la morte di Filippo Limini, Kevin M., 23 anni, Brendon Q., 19 anni, il conducente dell’auto, e Denis H., ventenne che ha sferrato un pugno in faccia al giovane operaio, sono ai domiciliari, dopo essere stati per un paio di giorni a Capanne. Gli indagati sono difesi da Daniela Paccoi e Salvatore Adorisio, Fabiana Massarelli e Guido Maria Rondoni, Delfo Berretti e Aldo Poggioni. I funerali della giovane vittima saranno celebrati probabilmente all’inizio della prossima settimana, a Spoleto.
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