Non solo le giovani madri ospitate nella Casa della Misericordia appena sotto piazza del Comune. Alla Pro Civitate Christiana, centro studi fondato nel 1939 da don Giovanni Rossi, sono infatti ospiti – da sei mesi – dieci profughi arrivati in Umbria con il sogno di una vita migliore e che ora, cristiani e musulmani, vivono insieme.
A raccontare la storia di questa felice integrazione è il Corriere dell’Umbria in edicola questa mattina: i dieci ospiti arrivano dal Ghana, della Costa d’Avorio, dalla Guinea Bissau e dalla Guinea Conakry. Il presidente della Pro Civitate Christiana don Tono Dell’Olio ha predisposto degli spazi solo per loro dove ci sono tre stanze, i bagni, una cucina dove si autogestiscono con i pasti e si organizzano nelle pulizie, uno spazio lavanderia e ripostiglio. “Ognuno di loro spiega il presidente – ha alle spalle esperienze terribili, di dolore e sofferenza ma al momento il problema più grosso è la lingua”.
Al Corriere i dieci raccontano le loro storie – tutti hanno alle spalle storie di sofferenza, povertà, malattia e disagio sociale e sono fuggiti da paesi politicamente instabili – e se per ora si gestiscono con i soldi che lo Stato prevede per ciascun di loro ma il desiderio è quello di lavorare.
Da quando sono arrivati i dieci giovani della Cittadella, così come gli altri 70 ospitati nel Comune di Assisi, seguono dei corsi di italiano. La giornata tipo si sviluppa infatti soprattutto la mattina: “Vanno a scuola per imparare la lingua a Santa Maria degli Angeli – spiega Tonio Dell’Olio, presidente della Pro Civitate Christiana – fanno due ore d’italiano, dalle 11 e alle 13 e poi tornano a casa. Qui mangiano abbastanza in libertà perché non hanno i nostri stessi orari e comunque fanno tutto da soli: vanno a fare la spesa e si autogestiscono nella cucina e nelle pulizie secondo dei turni ben stabiliti. Poi pregano, cinque sono cristiani e quindi partecipano alle nostre celebrazioni eucaristiche e altri cinque sono musulmani e si sono attrezzati con un tappeto rivolto verso la Mecca per il loro momento di preghiera”.
Tre le questioni più immediate da risolvere: il permesso di soggiorno, la lingua e il lavoro. “Se non gli viene rilasciato il permesso di soggiorno – spiega ancora Dell’Olio – non possono accedere neanche alle cure mediche di cui alcuni avrebbero davvero bisogno. Per quanto riguarda la comunicazione alcuni capiscono l’inglese o il francese ma altri parlano solo la loro lingua e quindi è complicato comprendersi. C’è poi la questione del lavoro perché vorrebbero fare qualcosa soprattutto il pomeriggio quando sono liberi: alcuni, sono stati impiegati nei servizi socialmente utili del Comune, ma la maggior parte non fa nulla. Ecco perché stiamo pensando a un progetto – L’Orto delle genti – per l’utilizzo di alcuni terreni della diocesi dove loro possano coltivare prodotti per autoconsumo interno e contemporaneamente per imparare un mestiere che forse gli sarà utile in futuro”.
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