“Perché ottocento anni dopo?”. È iniziata così la riflessione del vescovo della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino monsignor Domenico Sorrentino, domenica 14 aprile, seguita ai vespri recitati nella Basilica di Santa Chiara prima della processione con la quale il frammento del mantello del vescovo Guido ha raggiunto il Santuario della Spogliazione. “Dobbiamo interrogarci – ha proseguito il vescovo durante la riflessione –. Anche io mi sono interrogato: cosa avrei fatto al posto del vescovo Guido? Dopo undici anni, finalmente, sono riuscito a veder sorgere questo Santuario della Spogliazione. Da quando sono arrivato ad Assisi non c’è stato giorno che questo luogo non mi abbia portato a riflettere e creato una sana inquietudine. Ora, per questo tempo in cui un pugno di uomini possiede tutta la ricchezza, insieme a tante miserie del benessere, e una immensità di persone vivono nell’indifferenza e nelle povertà più estrema, ricordiamoci di Francesco che dopo venticinque anni dal suo battesimo ha ritrovato l’unica strada possibile e l’ha percorsa. Anche noi possiamo fare lo stesso”.
È stata una processione orante alla quale hanno partecipato in tanti sia personalmente che in diretta web quella che ha accompagnato la prima reliquia di Francesco . “Questo è un Santuario di vita. Il nuovo Santuario eretto a Natale – ha spiegato il vescovo giunto nel Santuario della Spogliazione con in mano la preziosa reliquia –, ora assume la sua piena fisionomia. Questa icona deve aiutarci a fare Chiesa, a fare famiglia. Esso contribuirà al grande messaggio di Assisi che è un santuario a cielo aperto. L’anello mancante ora c’è, la fisionomia di Assisi ora è completa”. Il vescovo ha anche anticipato che sarà pronto tra qualche giorno il libro-dossier che, tra le altre cose, riporta le fonti francescane che riguardano questo evento.
È seguita, nel corso della giornata inaugurale del Santuario della Spogliazione, la presentazione delle attività dell’Istituto Serafico come una delle opere-segno della diocesi da parte di Francesca Di Maolo presidente dell’Istituto. “Spogliandoci di tutto quello che è superfluo troviamo la parte più autentica più vera. Anche un corpo prigioniero del buio, del silenzio, dell’immobilità, quel corpo è libero nel cuore, è libero di amare. Questa è l’autenticità del corpo che noi troviamo ogni giorno al Serafico”. “L’Istituto – ha ricordato la presidente Francesca Di Maolo – si prende cura di bambini e ragazzi con disabilità plurima provenienti da tutto il territorio nazionale. È stato fondato da un frate francescano, san Ludovico da Casoria, il 17 settembre 1871, giorno memorabile in cui San Francesco ricevette le sacre stimmate, quelle stesse che nel pensiero del beato Ludovico si sarebbero prolungate fino a toccare gli ospiti del Serafico. È un centro sanitario che si occupa di cura, diagnosi, riabilitazione di disabili gravissimi, ma descriverlo solo in questi termini è riduttivo. Al Serafico, da 145 anni, la nostra missione è quella di portare ogni ragazzo a vivere una vita piena, a scoprire il mondo”. Di Maolo ha ricordato le parole di Papa Francesco, che il 4 ottobre 2013, incontrando e abbracciando uno ad uno i nostri ragazzi mi diceva “sono commosso”, e che ha iniziato il suo discorso con “Noi siamo tra le piaghe di Gesù (…) Queste piaghe hanno bisogno di essere ascoltate”. “Il nostro – ha aggiunto Di Maolo – non è un luogo di sofferenza e di dolore. Certo, le prove sono tante, ma i nostri piccoli non si rassegnano mai e le affrontano con coraggio. Ogni autonomia conquistata è un nuovo inno alla vita. Loro sono prigionieri in un corpo a volte pieno di limiti, ma liberi nel cuore e ci insegnano ad amare ogni giorno. Ogni giorno al Serafico ci prendiamo cura di più di 130 tra bambini e ragazzi. E’ così poco… Abbiamo una lunga lista di attesa di disperati che vorrebbero entrare nella nostra famiglia. Sono i figli per i quali abbiamo più pena. Ho fiducia e speranza che questo luogo, questo Santuario, possa nutrire l’anima di tante persone. Ho fiducia che domani saremo meno soli nel nostro servizio, perché ognuno di noi è custode della vita, uno dell’altro: nessuno è arbitro proprietario della vita, ma custode appassionato”.
Subito dopo è seguito il dialogo: “La Spogliazione oggi, la provocazione di Papa Francesco” tra l’arcivescovo di Bologna monsignor Matteo Maria Zuppi e il sindaco di Assisi Stefania Proietti. “Questo Santuario ci aiuta a vivere questo momento nel quale Papa Francesco ci coinvolge – ha sottolineato monsignor Zuppi -. La spogliazione è una grandissima opportunità per riscoprire la sobrietà e la semplicità e vivere le cose belle e vere che contano, abbandonando un consumismo bulimico, devastante. E la chiesa deve cominciare a spogliarsi di quelle ricchezze e di quel benessere che condizionano più di quello che crediamo. Anche per la Chiesa la spogliazione è possibile, la spogliazione dall’organizzazione, dalla sovrastruttura, riappropriamoci della gioia, quella che viene dal Vangelo”. “Spogliarci può essere la chiave per ribaltare il mondo – ha commentato il sindaco Stefania Proietti – . La spogliazione in termini socio-ambientale è veramente la chiave a partire dalla quale si può combattere l’indifferenza”.
© Riproduzione riservata