Celebrato ieri ad Assisi il ventennale della riapertura della Basilica di San Francesco, rinata grazie al Cantiere dell’Utopia. “Una utopia che si è compiuta”, ha detto Padre Mauro Gambetti, Custode. “Pensavamo sgomenti a come si potesse ripartire. Tutto è ripartito grazie a Dio e all’impegno di molti che sono qui. Ci siamo voluti riunire proprio per dire grazie. Grazie a tutti. Grazie a cominciare dal Governo, che qui è rappresentato dal Prefetto, ma anche dal Presidente della Regione, il sindaco della città, che segue direttamente tutto ciò che qui si vive e si fa”.
“Grazie alle Forze che in tanti modi, dalla protezione civile ai vigili del Fuoco alle forze dell’ordine, tutte le forze che si sono date appuntamento qui insieme a coloro che sono ‘del mestiere’: la Sovrintendenza – ha ricordato Gambetti – rappresentata sia dalla sua più alta rappresentante per quanto riguarda i beni ecclesiastici e la ricostruzione, del Ministero, e la Sovrintendenza locale che ha partecipato passo passo a questo Cantiere dell’Utopia”.
“Grazie – ha aggiunto – ai tecnici, professionisti che hanno messo qui le loro competenze, senza risparmiarsi. Grazie alle maestranze e al loro cuore. Ci volevano mani e cuori capaci di rimettere in piedi questa Basilica. E grazie agli amici, a chi ha pagato prezzi davvero molto alti, anche i familiari delle vittime che qui hanno lasciato la loro vita. Grazie veramente a tutti. Spero di non aver dimenticato nessuno. Vedo anche amici che hanno contribuito in tanti modi, anche economicamente a sostenere l’opera”. (Continua dopo il video)
Come ha ricordato Padre Fortunato al Corriere della Sera nell’articolo-ricordo per il ventennale della riapertura della Basilica di San Francesco, “Per due anni, giorno dopo giorno, tecnici, operai e restauratori hanno lavorato fianco a fianco per curare le ferite della Basilica e restituirla all’affetto e alla devozione di tutto il mondo. È stata una corsa contro il tempo che ha portato a una specie di miracolo umano, una utopia realizzata, partendo da quello scenario di devastazione e di dolore provocato dal terremoto delle 11.42 del 26 settembre 1997. Il cielo delle volte della Basilica superiore era stato squarciato da due voragini di un centinaio di metri quadrati che si erano aperte sopra l’altare Papale e sopra l’ingresso della chiesa. Le pietre cadute avevano creato due cumuli alti qualche metro, sotto uno dei quali c’erano i corpi senza vita di un frate, un postulante e di due tecnici della sovrintendenza ai beni culturali dell’Umbria.
Il terremoto squassò altri punti del Sacro convento: il refettorio (con la tavola rimasta apparecchiata giorni e giorni per quel pranzo del 26 settembre mai consumato), il Salone Papale, il museo, il chiostro di Sisto IV, il timpano del transetto di sinistra e il campanile. Da questa scena di distruzione nacque il Cantiere dell’Utopia. Per due anni si è lavorato mentre la terra ancora tremava, infatti, ogni giorno operai e restauratori erano costretti ad abbandonare precipitosamente ponteggi, palchi e stanze di lavoro. Da questo impensabile Cantiere dell’utopia resta da completare l’ultimo tassello: ricostruire la vela di San Matteo di Cimabue con i suoi frammenti, migliaia di minuscoli pezzi nei quali si è sbriciolata dopo essersi schiantata da un’altezza di una ventina di metri.
FOTO © Mauro Berti-Rivista San Francesco
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