La Comunità monastica di Bose ricorre al Tar contro il Comune di Assisi, dopo che l’amministrazione guidata da Stefania Proietti ha emanato un’ordinanza per bloccare l’ospitalità al monastero di San Masseo, che la giunta considera un’attività alberghiera senza i titoli abilitativi.
L’attività è stata “scoperta” mesi fa, nell’ambito dei controlli che da tempo Polizia Municipale e Polizia di Stato portano avanti anche sulla scia delle proteste degli albergatori privati sulla corretta riscossione della tassa di soggiorno. A dicembre il Comune ha emesso un’ordinanza che blocca l’attività di accoglienza, ma la Comunità ha fatto ricorso al Tar per chiedere una sospensiva.
I giudici hanno bocciato il ricorso (assumendo che l’attività istituzionale della comunità può svolgersi anche senza i servizi di ospitalità), ma la Comunità di Bose sostiene di operare perfettamente in regola.
Quella svolta al monastero di San Masseo – sostiene il legale dei religiosi – non è un accoglienza che si svolge nell’ambito di un’attività imprenditoriale, non è inquadrabile in nessuna delle categorie indicate dall’articolo 86 del testo unico, né sarebbe “attività extralberghiera”. Al monastero di San Masseo è attiva una “casa di convivenza religiosa”, accreditata dalla questura “tra i soggetti abilitati alla trasmissione dei nominativi sul portale web”. Fatto, quest’ultimo, che “riconosce la legittimità dell’esercizio di un’attività di accoglienza che non rientra nelle strutture ricettive per le quali si rende necessaria la presentazione della Scia”. La decisione definiiva è attesa il 30 gennaio.
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