Dopo la conclusione di Tra_Me Assisi Giallo Fest 2018, riceviamo e pubblichiamo da Maria Letizia Cipiciani questo contributo, intitolato “Luna, Squinterna e i gatti”
-«Daiiiiii, Lunaaaa, ti metto in un romanzo giallooooo».
La voce argentina di Squinterna mi trascina in piazza, a passo veloce oltrepassa la fontana umida d’acqua e, determinata, punta verso lo scatolone dalla grande vetrata. A destra l’imponente Tempio di Minerva, a sinistra il Piccione Bombardino appollaiato, sempre puntuto, sul cornicione di Palazzo dei Priori. Dimenticavo, siamo nella quasi-ridente cittadina di Assisi, quella che ha dato i natali a quel Santo un po’ matto di nome Francesco.
-«Ciao, lei è Luna. Puoi metterla nel romanzo?».
Dietro la grande vetrata, chiusa nello scatolone, c’è una simpatica ragazza. Sta scrivendo un romanzo giallo “sulla base della trama che i lettori avranno scelto per lei”, recita la réclame. Ci saluta con un sorriso carnoso -«Ciao! Che bella cagnolona!!!»-, poi arricciando il naso risponde -«No, non si può»-.
-«Ehi Luna, facciamo una foto con la scrittrice?».
Ma quale foto! Senza una particina non se ne parla proprio. Non certo la protagonista come quel Rex, peloso detective televisivo, ma la fida compagna d’avventura di un qualche personaggio sì, si può fare. Sconfortata dal sorriso carnoso, giro la coda per andare … Mah! Un aroma familiare mi blocca. Sono felice, giustizia è fatta: un pelosetto si è fermato lì e, alzata la zampa, ha lasciato una gialla traccia di sé sullo scatolone.
-«Luna dove vai?».
Squinterna è simpatica: quando non sa che fare, si fa tirare al guinzaglio … quando sa dove andare, si fa tirare per la giacca.
Pomeriggio di fine inverno già troppo caldo per me, maestosa pastorina delle cime abruzzesi. Ho sete, fili di bava scivolano dalle labbra. Punto veloce la discesa, driblo giovani studenti e vecchi turisti vogliosi di affondare le mani nel mio lungo e soffice manto bianco. Ecco il teatro, luogo di efferate beghine e oscuri retroscena. Riconosco la scala a sinistra.
-«Piano Luna, cadooooo».
Grida Squinterna mentre mi precipito sopra gli stretti e ripidi gradini. Rallento. Finalmente sollievo, in fondo a destra la fontanella, quella bella, di bronzo, ottocentesca, sistemata a muro. Squinterna preme il bottone, fresca e abbondante sgorga l’acqua tanto agognata che voracemente ingoio. Mani luride, guantate di nero, sistemarono un cesto portarifiuti accanto alla deliziosa fontanella. Annuso … due piccoli fari spenti mi fissano da sotto il coperchio. Curiosa, subito infilo il muso sotto il coperchio.
-«Aaaaaaahhhhh, Luna scappaaaaaaa»-.
Squinterna, sopra di me, intravede la testa mozza di un gatto: gli occhi sbarrati, piccoli fari spenti, stanno infossati nel lungo pelo fulvo. L’orrore mi prende, fuggo verso il Vescovado. Il selciato chiuso tra palazzi è un tunnel senza aria. Soffoco, accelero … la piazzetta, ecco la fontana … troppo alta.
-«Luna corri, passa qui».
Squinterna mi trascina per i vicoli, siamo di nuovo in piazza, a destra il Tempio di Minerva, a sinistra le fresche vittime di Piccione Bombardino; in lontananza, lo scatolone della ragazza dal sorriso carnoso.
-«Luna dai! Andiamo a farci una foto».
Mai e poi mai, m’impunto. Slinguazzo la coscia del ciclista nero fermo lì vicino, ricevo una carezza. M’accoccolo accanto a lui: meglio l’Uomo nero della Signora in giallo.
-«Luna che facciamo? Dove andiamo?».
La Rocca Maggiore è il mio maniero, in vetta alla cittadina quasi-ridente. Squinterna andiamo! Su per la salita, sotto l’Acchiocciolo, e ancora su fino ai prati della Rocca. Squinterna mi scioglie, sono finalmente libera e felice.
M’inerpico verso la Rocca per stretti sentieri appena battuti. Turisti vanno e vengono lungo la strada, due pelosi abbaiano di là dalla rete. Chiazza, tranquillamente seduta, mi fissa da lontano. Adoro i gatti ma i gatti non adorano me. Chiazza è una bellissima femmina bianca-rossa-nera, mi siedo e aspetto. Lei si avvicina un po’; a passetti veloci mi avvicino anch’io un po’ … niente da fare, Chiazza è in fuga e io veloce dietro di lei. Saltellando per i dirupi e tra i cespugli, scalo alberi o almeno ci provo. Chiazza è sparita e io dietro di lei.
-«Lunaaaaaa, Lunaaaaaa, ehi Lunaaaaaa, dove sei? Lunaaaaaa …».
Squinterna arrivo!
-«Ho visto un cagnolone bianco correre e scomparire tra i cespugli, è tuo?»- La voce usciva dalla Panda bianca parcheggiata sotto il dirupo. Una folta parrucca brizzolata era già fuori dall’auto, comodamente calzata sulla testa di un omino piccolo piccolo, dalle gambe corte e arcuate. Grandi occhiali squadrati poggiavano, di sbieco, sopra il nasone camuso. Il grande naso incombeva sull’enorme sorriso che mostrava denti forti, scintillanti di nero.
-«Si è mia, è femmina, un po’ monella ma buonissima. Lunaaaa, Lunaaaaaaa».
Squinterna arrivo! Inalbero la coda sventolante, mi slancio, l’abbraccio e la sbavo di baci … Mah! Fiuto l’aroma. L’omino piccolo piccolo stringe in mano la grande busta della spesa, una di quelle bianche e verdi, indistruttibile. La busta mi attrae, ci caccio il muso. -«Sono le scatolette per i gatti. Sono il guardiano della Rocca … la Rocca di notte si popola di gatti …»- rassicura l’omino piccolo piccolo. Sprofondo il muso nella busta, i coperchi delle scatole si spostano, l’aroma è fortissimo. Due piccoli fari spenti mi fissano da una scatoletta, intravedo la testa mozza di un gatto: gli occhi sbarrati, piccoli fari spenti, stanno infossati nel lungo pelo fulvo. -«La Rocca di notte si popola di gatti … delle teste dei gatti date in pasto al Fantasma padrone della Rocca. Il Fantasma va saziato. Se non è sazio, di giorno vaga da torre a torre in cerca di teste umane da sbranare».
Scatto in piedi e balzo giù dal precipizio e trascino in volo con me Squinterna rimasta impietrita. Il Tescio, gonfio d’acqua, ci raccoglie in un freddo abbraccio.
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