La redazione di AssisiNews riceve e pubblica un intervento di Massimo Iacopi su una targa commemorativa riferita a San Francesco ed incontrata nella città di S. AGATA dei GOTI (BN).
“Lo scorso mese di novembre – scrive Massimo Iacopi – ho effettuato un viaggio in Campania con la mia associazione e fra le mete dell’escursione, c’era la suggestiva città di S. AGATA de’ GOTI, Comune della Provincia di Benevento, al confine con quella di Avellino. Una città, con una storia interessante, posta su un ampio e scosceso pianoro tufaceo, molto simile a quelli di Pitigliano o di Capranica, a dominio della antica Via Appia.
“Per l’occasione, il Gruppo è stato gentilmente ricevuto dal Sindaco della città, Signor Carmine Valentino, nella storica Sala del Consiglio Comunale, che è allocata nelle strutture seicentesche del vecchio convento dei Francescani. Proprio nel Chiostro dell’antico convento – dice ancora Massimo Iacopi – ho avuto la piacevole sorpresa di scoprire un’antica lapide che, pur fra mille sospetti di autenticità, è risultata estremamente interessante, perché fa un esplicito riferimento ad Assisi ed al nostro Santo Francesco. Stavolta, avendo la traduzione dell’epigrafe superato le mie competenze in materia, al ritorno ad Assisi, mi sono fatto aiutare nell’impresa dall’avvocatoArcangelo PAPI e dal Prof. Francesco SANTUCCI. Entrambi, nell’esaminarla, hanno espresso, a priori, seri dubbi sull’autenticità storica del reperto, propendendo piuttosto per un falso medievale, confezionato dai frati francescani alla fine del 1500, per ricordare un evento storico locale, legato al Santo Serafico”.
A DIO OTTIMO MASSIMO ALTISSIMO
“Francesco, giungendo da Assisi, in questa città, costruita dai Goti e così denominata per le reliquie (al nome) di S. Agata – sostiene Massimo Iacopi – qui dedicò una cappella fuori dal frutteto, ora detto (san) Francesco antico. Adesso i frati, non potendo sopportare le frequenti incursioni ladresche, hanno acquistato l’area in cui è stato eretto un tempio dalle fondamenta con 99 (monete) d’oro (aureis), l’anno del Signore 1282. o, secondo Papi,“trascorse 99 primavere” (per la combinazione dei termini aureis e redemerunt ed il centenario della nascita di San Francesco).
Le considerazioni espresse dai miei autorevoli amici, circa la non autenticità della lapide, si rifanno, in particolare, a due aspetti specifici della stessa: l’incipit D.O.M.A.che era una abbreviazione comune per l’invocazione romana a GIOVE, il padre degli dei e che mal si adatta alle nuove esigenze. La maniera, alquanto inusitata, di riportare la data del 1282, con un misto di cifre arabe e romane, abitudine certamente non medievale e che potrebbe essere connessa anche con il ricordo del Centenario della nascita di S. Francesco. In definitiva, la lapide risulterebbe cinque-seicentesca e del periodo della Controriforma. In buona sostanza, si tratterebbe delle vicende di una piccola comunità francescana della città di S. Agata de’ Goti, stanziata in una chiesettafuori le mura, detta di San Francesco Vetereed oggi diroccata, che era stata fondata, secondo l’interpretazione di alcuni studiosi locali, proprio dallo stesso Santo durante il suo viaggio verso Avellino (di ritorno dal Santuario di San Michele Arcangelo del Gargano). Interpretazione questa in contrasto con quanto ricordato dalla lapide. In ogni caso, secondo l’epigrafe, questa comunità, alla fine del Duecento (per la lapide 1282), riesce ad ottenere, dal re di Napoli, l’autorizzazione ad abbandonare la piccola struttura isolata sulla collina, continuamente preda dei ladri e ad acquisire un appezzamento di terreno all’interno delle mura, dove verrà edificato il complesso conventuale e la chiesa annessa (secondo il Prof. Claudio LUBRANO, Presidente della Pro Loco di S. Agata, il fatto risulterebbe provato da un rogito di acquisto del terreno della fine del 1200, presente negli archivi comunali della città).
“Infine – scrive ancora Massimo Iacopi – due parole sul culto di S. Agata che, a quanto sembra, venne introdotto e diffuso dai Goti. I Goti [ariani] veneravano S. Agata, una santa greca o siciliana, il cui culto si era diffuso proprio nel 5° – 6° secolo. Agata, che in greco vuol dire la buona, sarebbe stata una martire del 3° secolo. E’ patrona di Catania [festa di tre giorni dal 3 al 5 febbraio, il periodo della Candelora] e sarebbe morta il 5 febbraio del 251 d.C. Il suo culto antico è testimoniato da reperti. La Passiodi S. Agata, che risale al 5° secolo e di cui si conoscono una redazione latina e due greche, ci riferisce alcuni dati sulla sua vita. Era una giovane di ricca famiglia catanese. Pare fosse anche diaconessa, giacché viene, di norma, rappresentata con una dalmatica lunga, come, ad esempio, nel mosaico di S. Apollinare nuovo a Ravenna [6° secolo]. Secondo la leggenda, di Lei si sarebbe innamorato il proconsole di Sicilia, Quinziano… e la vicenda, finita male, si concluderà poi con il martirio della Santa. Nel 1040 le reliquie di S. Agata furono trafugate a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniakis (Maniace), ma poi, nel 1126, sarebbero state riportate a Catania…”.
“Questo aspetto del culto di S. Agata – secondo Massimo Iacopi – può essere un interessante spunto per la nostra storia locale, in quanto anche ad Assisi, che per un periodo è stata prima una piazzaforte dei Goti, prima di diventare bizantina, proprio per impulso dei Goti era stato introdotto il culto di S. Agata e risulterebbe che, nei pressi della Piazza, ma non si sa con precisione dove, sia stata eretta una chiesa dedicata proprio al culto di S. Agata”.
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