La seconda edizione di Universo Assisi 2018 verrà ricordata per aver restituito alla popolazione l’ex Montedison di Santa Maria degli Angeli (che ospita l’esposizione visual art di Luca Trevisani sulle grotte dell’Addaura) alla città. Con l’opera “17:54”, di Antonio Ottomanelli e Gian Luca Bianco (il titolo ricorda l’instante in cui furono attivate le cariche esplosive per la demolizione della torre del solforico dell’ex Montedison di Santa Maria degli Angeli, già Montecatini) sono state svelate le cifre in acciaio installate su ciò che resta del muro lungo la ferrovia (via D’Annunzio), in corrispondenza di quello che era l’ingresso dei camion dell’azienda, sopravvissuto alle demolizioni. Un manufatto – come racconta il Corriere dell’Umbria in edicola venerdì 27 luglio 2018 – a mattoncini trasformato in installazione permanente, accompagnata da documenti fotografici (alcuni antichi venuti alla luce con la collaborazione dell’associazione Se’ de J’Angeli se…), video e un documentario, per un lavoro che restituisce alla città una documentazione aggiornata a 360 gradi su uno dei 91 paraboloidi realizzati in Italia dall’ex Montecatini.
Una ‘restituzione’, quella dell’ex Montedison di Santa Maria degli Angeli che ha risvegliato ricordi in chi, al tempo, quel luogo lo ha vissuto di cui il Coriere dell’Umbria del 27 luglio ne ha fatto un interessante focus: Enrico Pucciarini, 95 enni, è il più anziano, lì ci lavorò: “Sono stato deportato nel ‘44 e tornai nel ’46 a piedi – racconta – un tedesco che mi faceva la guardia mi consentì di scappare suggerendomi una sorta di itinerario di carbonari ai quali feci riferimento per chiedere un lavoro e ottenere da mangiare. Partii da Monaco, arrivai ad Assisi dopo 2 anni, fra il ’47 e il ’48 iniziai a lavorare alla Montedison”.
“Vidi che i tedeschi battevano in ritirata – dice Adelio Tacconi, un’ottantina di anni, cresciuto vicino all’industria – minarono la Montedison perché si dice ci fosse un deposito di acqua e viveri”. Tanti i ricordi, toccanti: Angelo Marchetti è figlio di Spartaco (che non c’è più), da ragazzino “portava pranzo e cena al papà che lavorava lì, glielo passava attraverso le sbarre, nessuno poteva accedere”. Poi Lorella Bacchi, figlia di Alessio ancora vivo, ha raccontato che “per tutti loro la Montedison è stata una risorsa per comprare la casa. Alessio ha preso una medaglia di anzianità per aver lavorato nello stabilimento (fu trasferito a Terni dopo la chiusura della ex Montedison di Santa Maria degli Angeli), medaglia ricevuta pure da Spartaco Marchetti”. Una testimonianza arriva anche da Emiliano Zibetti: “Personalmente non ci ho mai lavorato – dice l’ex professore – ma per noi il fosso della Montedison era un luogo dove andare a giocare. Prima di fare il bagno – ha raccontato – provavamo a gettare l’erba per verificare se l’acqua friggeva (a causa degli acidi), poi, se la situazione era tranquilla, il bagno lo facevamo”. Infine Marcello Betti, che vinse l’appalto per abbattere la torre del sulfureo: “Era il 15 aprile del 1987. Scelsero l’orario delle 17:54 – racconta – perché non erano previsti passaggi di treni ed era il momento della giornata in cui c’era lo spazio più lungo per agire”.
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