Alla vigilia della Giornata internazionale di lotta alla povertà (17 ottobre), il Rapporto 2021 su povertà ed esclusione sociale dal titolo “Oltre l’ostacolo”, prende in esame: le statistiche ufficiali sulla povertà, i dati di fonte Caritas, il tema dell’usura e del sovra-indebitamento, la crisi del settore turistico, lo scenario economico-finanziario, le politiche di contrasto alla povertà. E c’è anche un focus dedicato ad Assisi, visto che quest’anno il rapporto ha scelto di includere uno studio sugli effetti della pandemia su 4 aree di interesse turistico: oltre alla città serafica, ci sono Ischia, Riva del Garda e Venezia. Di seguito lo riportiamo integralmente.
A partire dalla consapevolezza delle criticità che hanno toccato il settore turistico abbiamo scelto di incontrare 4 realtà locali a forte vocazione turistica, diversificate sia nella collocazione territoriale sia nella tipologia di offerta, per effettuare interviste in
profondità a testimoni privilegiati che potessero raccontarci il loro vissuto personale e quello delle loro comunità di appartenenza (Assisi, Ischia, l’Alto Garda e Venezia), concentrandoci sull’impatto lavorativo ed economico della pandemia, sulle capacità di reazione e resilienza degli assetti locali, focalizzando anche il ruolo e la percezione delle Caritas locali rispetto a quanto vissuto.
Nello specifico, sono state ascoltate per ogni territorio campione quattro categorie di attori:
– 1 operatore/responsabile del settore alberghiero/ricettivo/ristorativo;
– 1 operatore/responsabile del settore turistico/culturale;
– 1 persona che è stata aiutata dalla Caritas, che proviene dal settore alberghiero/ricettivo/ristorativo/turistico/culturale;
– Il direttore della Caritas diocesana (o territoriale) o un suo delegato.
Lo strumento utilizzato è stato quello dell’intervista focalizzata, effettuata utilizzando una traccia di domande aperte a cui l’intervistato poteva rispondere liberamente. Le interviste sono state realizzate nel corso della primavera-estate 2021, sia in presenza che mediante strumenti di comunicazione online. In totale sono state ascoltate 21 persone, appartenenti alle categorie sociali e professionali sopra indicate.
Assisi: il turismo culturale e religioso
Assisi rappresenta l’epicentro di una regione a forte vocazione turistica. L’assisano è la zona che prima della pandemia (2019) offriva la più alta incidenza di presenze rispetto al complesso ricettivo regionale (21%). L’offerta turistica è a predominanza artistico/ culturale e legata al pellegrinaggio religioso. L’indotto generato, in tempi normali, è considerato più che soddisfacente, anche per lo sviluppo dell’artigianato locale (souvenir, ceramica). Il centro storico di Assisi vede pochissimi residenti e tantissime attività commerciali e strutture ricettive, che vivono, di fatto, della presenza di turisti e pellegrini, con una stagionalità piuttosto lunga, che si concentra prevalentemente nei mesi primaverili e autunnali, ma che comunque vede continuità durante tutto l’anno, con punte significative in coincidenza di momenti forti del calendario liturgico.
“Nel centro storico ci sono pochissimi residenti, il commercio, anche quello dell’abbigliamento, non solo quello dei souvenir, si regge sui pellegrini, sui turisti, anche italiani. Sono 392 attività commerciali. È il cuore pulsante di tutta l’economia della città. Assisi contribuisce con il 25% al PIL di tutta la regione. Il lavoro nella zona della pianura (S. Maria degli Angeli) è invece di portata più ampia. Si stima che il 78% del consumo in Assisi alta sia dovuto alla presenza di gruppi di pellegrini/turisti che arrivano in pullman. A Santa Maria degli Angeli tale quota è ancora superiore, pari all’81% (ci sono i parcheggi che favoriscono la spesa).”
Rispetto all’impatto pandemico, emergono tutte le fragilità di un assetto locale di questo tipo, assimilabile ad altre città d’arte a grande afflusso turistico, con una spirale economica negativa che affligge gran parte del tessuto economico per il quale il turismo rappresenta un punto focale. “Non è che nelle zone ad alta densità turistica hanno sofferto solamente quelli che lavorano nel settore turistico. Secondo le stime che abbiamo fatto, nel settore dell’abbigliamento il calo del fatturato è stato in media del 71%, con punte di perdita oscillanti tra il 91 e il 94%. Si deve capire che il settore ha delle spese non rinviabili: il pagamento delle utenze, degli affitti, dei fornitori. Il venire meno delle vendite ha messo in crisi tutto il settore, anche quello collegato, che si attende un rientro economico. (…) Il settore dei taxi e del noleggio con conducente è praticamente fermo da un anno. L’estate scorsa ci ha illuso con una ripartenza, ma è stato un periodo effimero, che alla fine non ha consentito il recupero delle entrate perse, anche perché
Assisi vive di turismo più in altri momenti dell’anno che non a luglio e agosto.”
Come spesso emerso in altre situazioni di crisi, è particolare come alcune categorie di lavoro siano in qualche modo più “abituate” alle difficoltà e al precariato: è il caso, ad esempio, delle guide turistiche, un settore quasi per intero composto da liberi professionisti e in qualche modo (tristemente) abituato a non contare troppo sui propri introiti. “Il lavoro è tutto svolto da liberi professionisti, non c’è un normale stipendio di fine mese. Per questo motivo uno dei membri della coppia ha sempre un altro lavoro, in quanto solo il mestiere di guida non è sufficiente a tirare avanti una famiglia. Questo fatto che in famiglia c’è quasi sempre un’altra fonte di reddito, ha svolto un ruolo protettivo… nel momento della difficoltà, le prime a saltare sono state le attività non essenziali, come purtroppo sono considerate quelle svolte dalle guide turistiche.”
Una situazione metaforicamente estendibile a un territorio che risente ancora dei postumi dei terremoti del 1997 e del 2016: quando abbiamo chiesto se si fossero vissute situazioni di crisi assimilabili a quella pandemica, il riferimento ai terremoti è stato immediato, pur con le dovute differenze. “L’Umbria ha vissuto vari terremoti… Ad esempio, in tempi recenti, il terremoto del 2016 aveva rappresentato un momento di grande difficoltà, che è stato però temporaneo. Anzi, molte persone sono andate a fare le vacanze in Umbria proprio per dare una mano ai luoghi colpiti dal sisma.” Il racconto della direttrice della Caritas diocesana di Assisi conferma una dinamica che emerge
anche dall’analisi degli altri territori presi in considerazione. Da un lato, la pandemia sembra aver accelerato e inasprito le debolezze strutturali del territorio.
“Assisi risente delle carenze strutturali dell’Umbria: non è ben collegata, ci sono paesi difficilmente raggiungibili… abbiamo sempre registrato una certa fatica delle famiglie, soprattutto quelle numerose. Ad eccezione del centro storico in tutte le frazioni ci sono molte famiglie numerose, con tanti bambini. Ultimamente, era emersa la povertà dei giovani, delle famiglie giovani ad assicurare un futuro ai bambini. Qui ad Assisi i giovani o vanno via o se restano fanno fatica ad inserirsi… E poi c’è una fascia di povertà di passaggio: pellegrini di passaggio, senza un soldo in tasca, che bussano, per dormire una notte, pe farsi pagare il biglietto. È questa tutt’ora una grossa fascia di richiesta ai servizi Caritas”. D’altro canto, viene confermato l’affacciarsi ai servizi Caritas di categorie di persone raramente incontrate in precedenza, portatrici sì di bisogni primari, ma anche di quella “complessità relazionale” insita nell’incontro con chi non era abituato a chiedere aiuto. “Commercianti, operatori turistici: abbiamo registrato tante richieste. Tanti gestori di piccole attività. La richiesta principale era la spesa. O le situazioni con convivenza forzata che ha prodotto conflittualità. Mi diceva una conoscente al Tribunale per i Minorenni, che non hanno mai registrato così tanti provvedimenti di limitazione alla potestà genitoriale come in questo periodo. E date le difficoltà abitative e di isolamento, la sospensione della potestà genitoriale ha determinato quasi sempre il collocamento del minore presso una struttura di accoglienza. Tante telefonate: ‘non abbiamo nulla da mangiare’, ci dicevano. Telefonavano anche i bambini. ‘La mamma non chiama, si vergogna’. Dopo questo primo periodo di fame pura, in un secondo tempo sono arrivate tante richieste di pagamenti utenze e bollette.”
La risposta della comunità, delle associazioni di rappresentanza e delle istituzioni
Dalle interviste svolte emerge come le associazioni di categoria professionale non siano andate molto oltre l’ordinario nella gestione dell’emergenza, senza svolgere di fatto un ruolo primario nell’attivazione di forme di sostegno per i propri associati, se non in alcuni casi addirittura alimentando divisioni. La cosa colpisce soprattutto se si pensa all’incertezza generata dal susseguirsi dei provvedimenti legislativi. Tantomeno sono emerse nuove forme di aggregazione strutturate. Anche l’ente comunale non sembra esser stato capace di andare oltre la “buona volontà”, pur con la riconosciuta scusante dell’imprevedibilità della situazione. Rispetto invece al ruolo del sistema nazionale di aiuti, il giudizio è negativo, principalmente rispetto a tre ordini di fattori: l’inclusività delle misure (l’esclusione delle attività con perdite inferiori al 30% rispetto al fatturato dell’anno precedente), la loro entità (nel caso dei ristori) e le tempistiche di erogazione, sia per i contributi che per la cassa integrazione. Al contrario, praticamente unanimi i consensi sull’apporto della Regione, che ha integrato sensibilmente i contributi a beneficio delle categorie più colpite. “Quest’ultimo contributo è stato più alto perché la regione Umbria c’ha messo del suo, 1.500 euro di rimborso per i commercianti che avevano dovuto chiudere nei giorni di domenica. Si è comportata molto bene, è stata sempre attenta, stanziando fondi specifici per il settore del commercio.” “La Regione ha svolto un grande ruolo, soprattutto integrando gli scarsi ristori nazionali a favore delle partite Iva. Ad esempio, l’erogazione di 1.500€ di integrazione una-tantum da parte della Regione ha consentito di tirare un grosso sospiro di sollievo.”
Diversamente invece dal fronte istituzionale e delle rappresentanze formali, emergono forme significative di attivazione comunitaria in risposta all’emergenza, in cui Caritas, come in molti altri territori, ha svolto un ruolo importante, denotando, in questo caso, una
buona collaborazione anche con l’ente comunale e con altri soggetti locali. “I fondi straordinari di Caritas Italiana ci hanno aiutato tantissimo. Il fondo è stato letteralmente prosciugato, con il pagamento di affitti e bollette. A livello locale abbiamo potuto fare tante cose grazie al Comune… Abbiamo fornito tramite gli istituti religiosi alloggi per la quarantena. Abbiamo collaborato con il Comune per offrire un alloggio riservato alle persone senza dimora. Abbiamo inoltre favorito raccolte nei canali privati. Sono arrivate tante piccole donazioni, che tutte insieme hanno fatto la differenza. Abbiamo anche collaborato con istituti privati, con alcune banche, che hanno sottoscritto delle convenzioni per l’accesso al credito. La pandemia ha rafforzato il legame coi servizi sociali. Ma anche altri legami sono nati: con la Croce Rossa e Protezione Civile. Nell’emergenza, collaborazione stabile e confronto continuo. Prima non c’erano.”
Molto interessante, nello specifico, anche la capacità di attivazione della rete ecclesiale del territorio di Assisi, che lascia intravedere la ricchezza della presenza religiosa nel territorio. “Quando dopo l’estate la pandemia è riesplosa, abbiamo fatto un appello alla diocesi, coinvolgendo anche gli altri uffici e abbiamo iniziato a lavorare insieme, e questa è un’eredità positiva. Abbiamo fatto riunioni online per raccogliere nuove disponibilità. E da questo appello sono venuti i giovani: parrocchie, scout, gruppi giovanili. E
la risposta c’è stata. Anche da parte degli istituti religiosi. Qui tutte le congregazioni religiose, maschili e femminili, hanno una loro casa, che ospita sia religiosi anziani che giovani. Gli anziani si sono visti bloccare tutte le attività a cui erano abituati. Si
sono in questo modo liberate tante energie. E anche nella zona rossa più ristretta, abbiamo sempre avuto delle bolle di soggetti immuni, di religiosi conviventi, che si offrivano per portare aiuto in gruppo. Tra giovani laici e religiosi, abbiamo calcolato che sono state messe a disposizione da giugno 2020 a inizio 2021 circa 7200 ore di volontariato, e questo nella sola dimensione dei servizi assistenziali, degli empori e della distribuzione, solo ad Assisi città e frazioni.”
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