Dopo la riapertura del campanile, la cattedrale di San Rufino, di cui è parroco don Cesare Roberto Provenzi, ha voluto riscoprire i campanari di San Rufino per riportare alla memoria e rendere omaggio a coloro che sono stati al servizio della comunità. Da aprile ad ottobre dello scorso anno, oltre 10.600 visitatori hanno “affrontato” i centocinquanta gradini che conducono alla cella del campanile di San Rufino per il desiderio di una vista unica sulla splendida città di Assisi. Numeri confermati, se non in aumento, con l’avvio della stagione estiva.
L’idea di rintracciare i campanari di San Rufino è venuta al Museo diocesano dopo aver notato che, oltre che dal panorama, i visitatori sono rimasti affascinati dalle grandi campane viste da vicino, dal meccanismo moderno che le fa funzionare e quelli che, alzando gli occhi al soffitto della cella, hanno notato i nomi di alcuni degli uomini che negli ultimi quattro secoli hanno suonato a mano i grandi bronzi, per scandire lo scorrere del tempo e chiamare a raccolta i fedeli.
Nei mesi scorsi, dunque, il Museo diocesano ha raccolto tutto il materiale possibile per dare un volto ai nomi dei campanari. I documenti arrivati sono un tesoro prezioso per ricostruire un piccolo pezzo storia della città. Ora il Museo Diocesano e la Parrocchia hanno organizzato un evento speciale, che giunge al termine del lungo lavoro di raccolta delle testimonianze dei campanari di San Rufino. L’appuntamento è per il 10 novembre alle 15.30 al museo “per sentire, direttamente dalle voci di coloro che hanno risposto all’appello che il museo ha lanciato alcuni mesi fa, i coinvolgenti racconti di un passato straordinario. Sarà anche possibile – anticipano gli organizzatori – vedere foto e video d’epoca”.
L’obiettivo è di recuperare le tradizioni, ma anche scoprire come le campane scandivano i momenti della comunità, in occasioni di particolari momenti liturgici o della vita cittadina. I campanari hanno rinsaldato i rapporti, e il museo ne ha intervistati alcuni per raccogliere testimonianze. A queste si aggiungono aneddoti e filmati raccolte durante il capillare lavoro del personale del museo.
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